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Brattaro mon amour  

novità di Paolo Cagnan

Teatro Stabile di Bolzano 


director and set designer  Andrea Bernard
costume designer   Elena Beccaro
lighting designer   Maurizio Macioce  


L’ultima produzione della stagione riprende la vocazione del Teatro Stabile di narrare la storia e il tessuto sociale del territorio. Questa volta sono i quartieri della periferia a essere al centro dell’indagine del testo scritto da Paolo Cagnan. Brattaro mon amour è ambientato in quelle zone di “abitazioni popolari intensive” che venivano etichettate come “la Shanghai” di Bolzano. Etichetta che con il passare degli anni ha assunto una vera e propria valenza mitologica, perdendo l’originaria connotazione negativa. Questo spettacolo tenta di indagare il mutare dei nostri quartieri, le trasformazioni di una periferia complessa e particolare come quella della nostra città.

«Lo scenario descritto da Brattaro mon amour ruota attorno al chiosco dei würstel (in slang: brattaro) strategicamente collocato nel quartiere più popolare di Bolzano: un andirivieni di personaggi, una babele di linguaggi e di fraintendimenti» dice Cagnan, che per il suo debutto come autore teatrale ha scelto il genere del noir tragicomico.
«E’ un’istituzione, il “brattaro” di via Resia e guai a chiamarlo Imbiss alla tedesca. Ogni cliente che si avvicenda al banco ha la sua storia, ognuno ha il suo dramma interiore più o meno dichiarato. Passato e presente, qui, diventano un tutt’uno tra la nostalgia, i luoghi comuni e l’incomprensione reciproca. C’era una volta la Bolzano autenticamente italiana, che si contrapponeva alla “città tedesca” al di là del torrente Talvera. Oggi nel quartiere abitano anche sudtirolesi, nuovi e vecchi immigrati.
La vita attorno al brattaro è scossa una notte dall’assassinio della cameriera. Delle indagini viene incaricato uno strampalato poliziotto, da poco arrivato in città. Novello Poirot di provincia, inizia una stringata serie d’interrogatori che lo porteranno via via a sospettare di tutti i “fedelissimi” del chiosco, ma soprattutto a farsi raccontare una Bolzano che non conosce, né capisce. Sino al colpo di scena finale…».


© Federico Pedrotti




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